
Cos’è lo Smart Working: alla scoperta del lavoro agile
Da diversi anni a questa parte si sente sempre più parlare di Smart Working, espressione che in italiano viene abitualmente tradotta come “lavoro agile”.
L’emergenza sanitaria legata alla pandemia da Covid-19 ha offerto una ulteriore spinta propulsiva a questa modalità di esecuzione delle attività professionali. Al punto tale che ormai lo Smart Working sembrerebbe destinato a divenire una prassi operativa comune, adottata da un crescente numero di imprese, a prescindere dalle loro specifiche entità.
Nonostante la diffusione su ampia scala, permangono però tuttora svariate lacune sul lavoro agile. Il nostro intento è di chiarirle in una serie di articoli in cui affronteremo il tema dello Smart Working a trecentosessanta gradi. Nel primo dei nostri testi, risponderemo innanzitutto a un quesito basilare ovvero che cos’è lo Smart Working. Forniremo poi alcuni dati per conoscere la reale dimensione che tale modus operandi occupa nel nostro Paese. Cercheremo inoltre di comprendere tutte le implicazioni di lavorare in Smart Working e il suo significato anche in termini delle modalità adottate per il suo funzionamento effettivo.
SOMMARIO:
Cos’è lo Smart Working: alla scoperta del lavoro agile

Smart Working: significato reale del “lavoro agile”
Il punto fondamentale da cui vogliamo partire è la domanda che buona parte delle persone si pone: che cos’è lo Smart Working? Come già anticipato, in Italia il termine inglese viene tradotto con l’espressione “lavoro agile” ma, a ben vedere, si va oltre.
Per poter avere una visione adeguata sull’argomento, è utile far riferimento alla definizione fornita dall’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano. Parlando dello Smart Working e del suo significato, gli esperti dell’Osservatorio definiscono questa modalità di esecuzione delle mansioni professionali come “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
Se ne deduce che lavorare in Smart Working non equivale semplicemente a lavorare da casa per uno o più giorni a settimana. Si tratta di un modo nuovo di intendere il rapporto di lavoro subordinato, in cui non si prevedono vincoli né sul piano spaziale né su quello temporale. Gli orari non sono cioè fissi e le diverse attività sono organizzate per fasi e per obiettivi.
Alla base di tutto c’è naturalmente un accordo tra datore di lavoro e dipendente. Altrettanto ovvio è che dietro a una simile formula contrattuale esistano specifiche normative che ne regolano lo svolgimento, in piena tutela tanto del datore di lavoro quanto del suo subordinato.
Il vero punto di svolta si riscontra nella flessibilità, un concetto che viaggia di pari passo con un mondo del lavoro in cui la mobilità e l’innovazione tecnologica sono sempre più protagonisti, andando ad abbracciare anche la trasformazione digitale attualmente in corso.
Lavorare in Smart Working: la nuova normalità
Il 2020 è stato un anno chiave per la diffusione della modalità di lavoro agile nel nostro Paese. Complice l’emergenza sanitaria, il numero di Smart Worker è passato improvvisamente da 570 mila a oltre 6 milioni e mezzo. Un vero boom che, in base ai dati raccolti dall’Osservatorio sullo Smart Working del Politecnico di Milano, ha coinvolto:
- il 97% delle aziende;
- il 94% delle Pubbliche Amministrazioni;
- il 58% delle Piccole e Medie Imprese.
Sebbene negli ultimi mesi si sia accennato a un ritorno alla precedente normalità, la modalità di lavoro agile continua anche oggi a essere condivisa dalle più svariate realtà professionali, tanto pubbliche quanto private, che ne hanno fatto una prassi ormai radicata e destinata a crescere nel tempo. Facciamo ora un passo in avanti, analizzando ancor più nel dettaglio lo Smart Working per comprendere come funziona.
Smart Working: come funziona in concreto
Non risulta sempre facile quando si parla di Smart Working capire come funziona. All’atto pratico, il lavoro agile va inteso come un nuovo approccio nella modalità con cui i dipendenti collaborano con un’impresa o con un ente della Pubblica Amministrazione. Il nuovo modus operandi si basa su tre presupposti essenziali:
- un riesame del rapporto tra datore di lavoro e dipendente, in cui a prevalere è la fiducia reciproca rispetto alle forme di controllo;
- la riorganizzazione degli spazi lavorativi che diventano mobili e flessibili, non identificandosi esclusivamente con il tradizionale ufficio;
- l’uso di tecnologie collaborative, in piena ottica di Digital Transformation.
Quando si cerca di comprendere il funzionamento della modalità di lavoro agile si deve quindi pensare a un tipo di operatività per l’appunto “Smart”, quindi “intelligente” sotto ogni punto di vista.
In concreto un simile approccio, se ben strutturato, permette di accrescere sensibilmente il livello di partecipazione dei dipendenti, favorendo il raggiungimento di una maggiore produttività. Si tratta di fatto di una rivoluzione rispetto al classico modo di intendere il lavoro. Del resto, una modalità di esecuzione delle mansioni professionali priva di limiti temporali e spaziali consente di conciliare le esigenze della vita lavorativa con quelle della sfera privata, mantenendo nel contempo elevato il rendimento del collaboratore.
Sotto il piano organizzativo un ruolo cruciale nell’affermazione dello Smart Working è occupato dalle nuove tecnologie, indispensabili per garantire la piena operatività anche al di fuori dello stretto perimetro aziendale oltre che per favorire il flusso comunicativo tra l’interno e l’esterno dell’organizzazione. Una rivoluzione nella rivoluzione.
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